Manca il decreto sulla Pec
nelle attività ispettive
Poiché ormai è utilizzata nei rapporti con la Pa e segnatamente con l’agenzia delle Entrate la firma elettronica e l’invio delle comunicazioni tramite Pec, è possibile prevedere:
a) l’invio all’interessato del verbale di verifica tramite Pec e la sua sottoscrizione con firma digitale:
b) l’invio all’interessato del pvc tramite Pec e la sua sottoscrizione con firma digitale?
In base all’articolo 2, comma 6-bis, del Dlgs 82/05 (cosiddetto “Codice dell’amministrazione digitale”), le disposizioni concernenti la digitalizzazione degli atti della pubblica amministrazione si applicano “alle attività e alle funzioni ispettive e di controllo fiscale” con le modalità previste da un decreto del presidente del Consiglio dei ministri o del ministro delegato, su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze, che a oggi, tuttavia, non è stato ancora emanato.
Nelle more, continuano a trovare applicazione le disposizioni che prevedono la possibilità di notificare alcuni atti dell’istruttoria tributaria (per esempio gli inviti e le richieste regolamentate dall’articolo 32 del Dpr 600/73) mediante posta elettronica certificata (si veda l’articolo 149-bis del Codice di procedura civile e articolo 60 del Dpr 600/73).
Tuttavia, i processi verbali di verifica e di constatazione non sono soggetti a “notifica” ai sensi del codice di procedura civile, bensì a “rilascio” secondo l’articolo 12, comma 7, della legge 212/00. D’altra parte, tale modalità è funzionale a porre il contribuente nella condizione di partecipare, attivamente e personalmente, alle attività istruttorie e, se del caso, di presentare osservazioni in base al comma 4 del richiamato articolo 12. Pertanto, ferma restando l’indubbia semplificazione che deriverà dalla piena digitalizzazione di tutti gli atti relativi alle attività ispettive di natura fiscale, sarà importante che il decreto attuativo del comma 6-bis dell’articolo 2 del Dlgs 82/05 salvaguardi la piena ed effettiva interazione tra l’Organo di controllo e il contribuente sia nel corso della verifica sia nella sua fase conclusiva.
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E- fatture, ancora da stampare in attesa
del Garante privacy
In caso di verifica fiscale nei confronti di contribuenti obbligati alla fatturazione elettronica le unità operative possono acquisire i dati dallo Sdi direttamente o tramite l’agenzia delle Entrate e non chiedere la copia cartacea al contribuente che non ha particolare valore?
Ai sensi dell’articolo 14 del decreto legge 124/19, i file Xml delle fatture elettroniche acquisiti al Sistema di interscambio sono memorizzati fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi e possono essere utilizzati dall’agenzia delle Entrate e dalla Guardia di finanza, tra l’altro, per le attività di analisi del rischio e di controllo a carattere fiscale.
Nelle more di definire, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali, le misure di sicurezza poste a tutela dei diritti e delle libertà dei contribuenti interessati, così come prescritto dalla norma, si ritiene che l’obbligo di esibizione delle fatture elettroniche emesse in via generalizzata dal 1° gennaio 2019 possa essere assolto con le modalità previste dall’articolo 5, comma 2, del decreto ministeriale 17 giugno 2014, a mente del quale il documento informatico rilevante ai fini tributari è reso disponibile, a richiesta degli organi di controllo, su supporto cartaceo o informatico, presso la sede del contribuente ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture contabili.
Resta ferma, naturalmente, la necessità per i verificatori di ottemperare al disposto dell’articolo 12, comma 1, della legge 212/00 (Statuto dei diritti del contribuente) e, quindi, di procedere all’acquisizione delle fatture con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività del contribuente e alle sue relazioni commerciali o professionali.
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Regolarizzare la dichiarazione fraudolenta non ha ricadute per l’emittente della fattura
In caso di ravvedimento di dichiarazione fraudolenta mediante false fatture prima dell’attività di controllo per conseguire la non punibilità non si rischia di denunciare indirettamente l’emittente delle fatture?
L’articolo 39, comma 1, lettera q-bis) del decreto legge 124/19 ha integrato l’articolo 13, comma 2, del Dlgs 74/00 estendendo la causa di non punibilità ivi prevista ai delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti false e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.
In particolare, la non punibilità per i reati di cui agli articoli 2 e 3 del Dlgs 74/00 opera allorché i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono estinti con l’integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso, sempreché la regolarizzazione intervenga prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
In concreto, per accedere all’effetto premiale, il contribuente deve presentare una dichiarazione integrativa, emendata degli elementi fraudolenti, e versare gli importi dovuti, comprensivi di imposte, interessi e sanzioni. Tuttavia, l’interessato non è tenuto a dichiarare in modo puntuale i motivi per cui ha inteso rettificare in aumento il proprio reddito.
Quindi, in base alle notizie rese disponibili, in prima battuta, all’Amministrazione finanziaria, la dichiarazione integrativa non ha ricadute dirette e immediate nei confronti dell’emittente delle fatture, permanendo in capo agli organi di controllo l’onere di dimostrare la responsabilità penale di quest’ultimo, per violazione dell’articolo 8 del Dlgs 74/00.
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Confisca per sproporzione, si guarda
al legale rapppresentante
In ipotesi di delitto tributario (ad esempio, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo false fatture) ascrivibile al rappresentante legale di una Spa/srl la verifica della sproporzione delle attività economiche e patrimoniali possedute rispetto a quanto dichiarato che potrebbe legittimare il sequestro per sproporzione, verrà fatta con riferimento alla persona fisica, alla società di capitali o anche in modo incrociato (redditi dell’uno rispetto alla disponibilità dell’altro)?
La confisca per sproporzione prevista dall’articolo 240-bis del codice penale è una misura di sicurezza patrimoniale applicabile in caso di sentenza di condanna o di patteggiamento per uno dei reati tassativamente individuati dal legislatore.
Tra questi reati, per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 39, comma 1, del decreto legge 124/19, che ha aggiunto l’articolo 12-ter al Dlgs 74/00, figurano anche i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, con riferimento alle condotte poste in essere dopo l’entrata in vigore della legge di conversione (25 dicembre 2019) e a condizione che vengano superate specifiche soglie di evasione. In presenza di un reato tributario imputato al legale rappresentante di una società, la verifica del requisito della sproporzione va operata esclusivamente sul legale rappresentante in quanto, come accade per la sanzione penale principale prevista per le singole fattispecie delittuose, anche la misura ablatoria in questione colpisce sempre e soltanto l’autore del reato e non anche l’ente di appartenenza.
Ne consegue che, in caso di accertato squilibrio economico-reddituale tra i beni facenti parte del patrimonio personale del legale rappresentante (soggetto condannato) e le sue disponibilità ufficiali, la confisca potrà riguardare solo beni facenti parte del patrimonio personale della persona fisica e non anche dell’ente. Ai fini della sussistenza del requisito della sproporzione, dovranno essere censiti e quantificati tutti gli investimenti posti in essere dal soggetto in un arco temporale ragionevolmente prossimo alla data di commissione del reato, comprese le eventuali somme versate nella società a titolo di capitale di rischio, che, sul piano patrimoniale, corrispondono alla titolarità di una partecipazione all’interno della società stessa sotto forma, a seconda dei casi, di quote o azioni.
Queste sono le disposizioni di carattere generale.
È chiaro che la loro applicazione dovrà tenere conto delle circostanze concrete e, soprattutto, delle reali caratteristiche del soggetto societario. In presenza di enti che costituiscono costruzioni giuridiche artificiose e strutture interposte nella titolarità di beni, l’accertamento della sproporzione dovrà essere effettuato in capo all’autore del reato fiscale tenendo conto sia del suo patrimonio personale, sia di quello intestato fittiziamente all’ente.
NORME E TRIBUTI31 GENNAIO 2020Il Sole 24 Ore